Cambiamenti Cerebrali

[Vedi tutti gli articoli]

Nel corso dell’ultimo decennio c’è stato un aumento esponenziale dell’utilizzo di internet e, in particolare, dei nuovi social. Questo ha portato a delle mutazioni all’interno della nostra testa: alcune facoltà cerebrali si stanno indebolendo, causando così un cambiamento comportamentale in molti soggetti.

I “mutamenti” cerebrali sono molti, e questi influiscono sulle nostre azioni e sul nostro modo di agire.

I temi che verranno trattati sono i seguenti:


DIPENDENZA

[torna all’indice]

Come abbiamo già visto, la dipendenza da smartphone e social media è un problema serio al giorno d’oggi: ormai nessuno esce di casa senza avere a portata di mano il cellulare; indispensabile anche per facilitare le nostre esperienze, viaggi e situazioni quotidiane.

Con esso è facile comunicare con chiunque e in ogni luogo; per non parlare del fatto che lo smartphone è un alleato nelle situazioni di emergenza.

Un po’ di dati sulla dipendenza da smartphone:

  • In Italia la percentuale delle persone che utilizzano uno smartphone è passata dal 15% nel 2009 a un 73,8% nel 2019.
  • Circa la metà degli italiani controlla il cellulare dopo lo spegnimento della sveglia al mattino o come ultimo gesto prima di coricarsi la sera.
  • Una ricerca Cisco Systems (un’azienda multinazionale specializzata nella fornitura di apparati di networking) ha rivelato che 3 persone su 5 preferiscono trascorrere più tempo libero a consultare lo smartphone piuttosto che passarlo insieme al proprio coniuge.
  • Secondo i dati raccolti dall’ACI (ente pubblico con funzioni di promozione, controllo e indirizzo informativo nel settore automobilistico) nel 2017, 3 incidenti stradali su 4 sono causati dalla distrazione, nella maggior parte dei casi questa distrazione è per colpa del guidatore che usa il telefono alla guida.
  • Nella maggior parte dei casi, chi soffre di questo tipo di dipendenza, non riesce ad allontanarsi dal proprio smartphone per più di 20 cm.
  • Secondo l’Ansa (agenzia di informazione multimediale in Italia) un utente su tre controlla whatsapp ogni cinque minuti circa: cioè fino a 12 volte all’ora.
  • Uno studio svolto dalla University of San Diego ha dimostrato che l’80% degli americani interrompe una conversazione con una persona o i pasti per rispondere o controllare il cellulare.

MULTITASKING E FRAMMENTAZIONE DELL’ATTENZIONE

[torna all’indice]

Negli ultimi anni si è cominciato a parlare di “multitasking”, cioè l’abilità di seguire e gestire più compiti contemporaneamente.

Il termine multitasking è nato in informatica come la capacità di un software di svolgere più operazioni nello stesso momento; questa parola, in seguito, ha iniziato a venire utilizzata per descrivere l’abilità di una persona nel gestire più lavori o mansioni contemporaneamente.

Si pensa che una persona è multitasking perché riesce a tenere più cartelle aperte sul proprio dispositivo: per esempio sappiamo navigare su Instagram e avere le cartelle di altri social aperte, pronte per essere consultate.

In verità diversi studi, qui sotto elencati, dimostrano il contrario. Trascorrere infatti molto tempo sui social fa si che il nostro cervello diventi sempre meno capace nel passare da un compito ad un altro, sia sul proprio smartphone che nei compiti manuali.

Anzi, con l’avvento dell’era digitale siamo diventati più facilmente distraibili e quindi meno efficienti.

ATTENZIONE DIVISA

L’attenzione divisa si basa sulla teoria delle risorse multiple dell’attenzione. Questa dice che noi siamo capaci di svolgere più azioni contemporaneamente perché ogni area del cervello corrisponde a un’attività differente.

In realtà l’uomo, per svolgere un compito, utilizza gran parte delle risorse cognitive (le quali non sono illimitate); se gli viene aggiunto un altro compito, queste risorse non sono sufficienti per poter soddisfare la nuova richiesta. Si ha quindi un calo delle prestazioni.

CONTROLLO COGNITIVO NEI MULTITASKER

Secondo uno studio svolto all’università di Standford nel 2009, le persone che venivano definite come multitasking hanno dimostrato un’apprezzabile incapacità nel saper ignorare ciò che gli distraeva, e svolgevano quindi il loro compito con più difficoltà.

Gli elementi di distrazione sono degli stimoli come, ad esempio, l’arrivo di una e-mail o una notifica.

Questo studio è stato coordinato da Eyal Ohpir, il quale dice che i multitasker che hanno partecipato al test riferirono: “non potevamo fare a meno di pensare a quello che non stavano facendo”.

MULTITASKING E CORTECCIA CINGOLATA ANTERIORE

Nel 2014 l’università di Sussex (nell’Inghilterra meridionale) ha confermato il fatto che gli utenti che spesso usano più dispositivi digitali, come smartphone, tablet e computer, presentano una diminuzione della densità della materia grigia (in quanto, non venendo utilizzata, si atrofizza) di una parte del cervello, della quale abbiamo già parlato: la Corteccia Cingolata Anteriore (ACC).

È quindi colpita una regione molto importante, cioè quella parte che controlla le funzioni di controllo sia emotive che cognitive.

DANIEL J. LEVITIN

Il neuroscienziato Daniel J. Levitin, direttore del Laboratory for Music, Cognition and Expertise alla McGill University, nel 2015, ha voluto effettuare un ulteriore studio sul multitasking.

È emerso che il cercare di fare più operazioni nello stesso momento, non solo ci rende meno efficienti, ma aiuta anche all’esaurimento delle funzioni cerebrali.

Daniel J. Levitin riferisce che, per aumentare le nostre prestazioni cognitive, sarebbe utile non pensare al multitasking come l’abilità di fare più cose contemporaneamente, ma all’abilità di riuscire a passare facilmente da un compito ad un altro.


SINDROME DA VIBRAZIONE FANTASMA

[torna all’indice]

Con “sindrome da vibrazione fantasma” si intende la sensazione che si percepisce quando si pensa che il proprio smartphone o tablet abbia ricevuto una notifica.

Nello specifico, si ha la percezione che il dispositivo vibri o suoni, ma quando poi lo si va a controllare si nota che non sono arrivate notifiche.

Il 90% delle persone intervistate sostiene di avere questa sensazione almeno una volta ogni due settimane. Il motivo? Come ben sappiamo i cellulari ci accompagnano ormai in ogni momento della nostra giornata, e noi li consultiamo spesso per controllare i social o le e-mail.

Il nostro cervello quindi, abituato al fatto che noi abbiamo lo smartphone sempre con noi, lo interpreta come “parte di noi”.

Abbiamo sentito più volte persone lamentarsi dei giovani e dire che il telefono al giorno d’oggi sembri quasi il prolungamento del nostro braccio. In effetti è proprio così: gli smartphone vengono interpretati dalla nostra testa come “arti fantasma”; si ha quindi una reazione simile a quella che si manifesta quando si ha un arto amputato. Capita infatti che, a chi viene amputato un arto, il cervello continui a sentire il dolore o la sensazione tattile della gamba o del braccio che non c’è più. Questo succede perché il sistema nervoso e la corteccia sensomotoria “sentono” ancora di avere la parte mancante del corpo.

Analogamente questo succede anche a noi quando “stacchiamo la spina” e non utilizziamo il cellulare e i social. La nostra testa elabora una sorta di allucinazione che ci porta a credere che questo stia vibrando.

Si ipotizza che, il numero delle volte in cui abbiamo questa sindrome da vibrazione fantasma, sia direttamente proporzionale al numero di ore in cui usiamo i dispositivi tecnologici.

Anche gli utenti che soffrono di nomofobia (paura di restare disconnessi dalla rete internet) sono più inclini a soffrire di questo problema.

Ma perché lo si può ritenere un problema? Le persone che hanno questa percezione molto spesso possono arrivare, anche se in rari casi, a sviluppare:

  • ansia
  • sintomi depressivi
  • sintomi cognitivi (come un deficit dell’attenzione oppure avere un’ipervigilanza)
  • disturbi dell’umore

La prima volta che si è sentito parlare di questo fenomeno è stata nel 2003, quando Robert D. Jones, un editorialista del New Pittsburgh Courier, ha pubblicato per la prima volta un articolo che parlava proprio della “sindrome da vibrazione fantasma”. Questo articolo si riferiva infatti a queste sensazioni immaginarie di vibrazioni e suoni.

Da quel momento sono nati studi a riguardo:

TEORIA DELLE CONTRAZIONI MUSCOLARI

Secondo questa teoria, queste sensazioni sono generate da una errata interpretazione di diversi stimoli, come delle piccole contrazioni muscolari o lo spostamento degli indumenti che indossiamo.

TEORIA DELLA DOPAMINA

Quest’altra teoria dice che l’arrivo delle notifiche sul nostro smartphone stimola la produzione della dopamina, la quale rafforza sempre di più il bisogno di stimoli. Si ha quindi una situazione analoga ad una sorta di crisi di astinenza.

Uno studio dell’ANSA, condotto da Robert Rosenberger, parla proprio di questo problema. L’autore dice:

Si percepiscono e scambiano come vibrazioni del cellulare quelli che in realtà sono i piccoli e frequenti spasmi muscolari. […] E’ sorprendente quante persone ne soffrano. Un recente studio condotto tra studenti universitari – continua – ha segnalato che il 90% di loro dice di provare queste vibrazioni fantasma, anche se la cosa non sembra irritarli. […] Ci sono due teorie – conclude – Una è che la tecnologia sta modificando il nostro cervello, l’altra è che siamo semplicemente ansiosi. Tutti questi diversi tipi di tecnologie, tra cui email e messaggi finiscono per rendere nervosi e irritabili per il dover rispondere a messaggi e posta”

Robert Rosenberger

RILASCIO DI DOPAMINA ED EGOCENTRISMO

[torna all’indice]

Sono stati fatti ulteriori studi sul come reagisce il cervello quando siamo impegnati ad usare i social media. In particolare si è voluto esaminare il sistema della ricompensa e la produzione di dopamina.

Quello che si è scoperto è che, quando stiamo partecipando ad una conversazione, il rilascio del neurotrasmettitore dopamina è maggiore quando parliamo di noi stessi; il sistema della ricompensa è invece meno attivo quando stiamo ascoltando.

Il problema è che, quando siamo impegnati in una conversazione “faccia a faccia”, tendiamo a parlare di noi solo per il 30-40% del tempo.

Diversi sono i numeri quando si tratta di social media: quando li usciamo passiamo l’80% del tempo a parlare solo di noi stessi.

Ciò accade perché ogni utente ha un proprio profilo dove pubblica le sue foto, i suoi video e i suoi commenti; anche nelle nuove storie (Instagram, Facebook, Snapchat ecc.) per la maggior parte di esse, si parla di noi: di quello che ci accade, pubblichiamo foto sulle nostre vacanze, sulle nostre esperienze e spesso scriviamo su di noi.

L’utente online ha quindi uno spazio tutto suo dove può parlare di sè senza limiti; come visto, in questo caso viene rilasciata molta dopamina che stimola il circuito della ricompensa.

In poche parole più siamo egocentrici e più il nostro cervello ci ricompensa rendendoci più felici. In questo modo saremo sempre più propensi ad usare i social piuttosto che avere relazioni nel mondo reale.


RELAZIONI INTERPERSONALI

[torna all’indice]

Le relazioni interpersonali sono cambiate dall’avvento dei social media ad oggi? Sicuramente si. Basti pensare al fatto che sono cambiati i modi di interagire tra di noi: è molto più facile trovare nuovi amici e conoscere persone nuove, inoltre la comunicazione è diventata immediata.

Il cambiamento sostanziale sta nel fatto che i social hanno amplificato e reso più semplice fare le cose che già facevamo, annullando quindi le barriere spazio temporali.

Alcune indagini sulle relazioni interpersonali con l’utilizzo dei social media e in particolare dei social network:

AUSTRALIAN PSYCHOLOGICAL SOCIETY

L’Australian Psychological Society ha voluto condurre un test su come internet ha influito nelle relazioni umane. Le persone intervistate sono state 2.3 milioni, alcune di queste avevano un profilo sui social network mentre le altre non erano presenti online.

I dati emersi analizzando le interviste delle persone che utilizzavano i social sono i seguenti:

  • il 28% degli intervistati ha sperimentato almeno un’esperienza negativa sul web (per esempio episodi di cyberbullismo, liti online oppure conversazioni con persone che nascondevano una falsa identità)
  • il 53% ha sostenuto che, grazie ai nuovi media, la possibilità di restare in contatto con parenti e amici è aumentata notevolmente
  • il 26% di loro si è visto diventare più incline alla partecipazione sociale
  • il 25% delle persone tra i 31 e i 50 anni ha incontrato un nuovo partner online, mentre, dal 21% di questi sono nate delle relazioni intime anche nella vita offline
UNIVERSITÀ DI CHICAGO

Non solo con i social è più facile trovare un partner, ma l’università di Chicago ha fatto una ricerca e la scoperta è che le relazioni nate su internet sono in media più stabili di quelle nate offline.

Il motivo è abbastanza semplice: quando si conosce qualcuno online si sa già quelli sono le sue passioni e i suoi interessi, ancor prima dell’incontro dal vivo.

PERSONE ESTROVERSE

Altri studi hanno dimostrato che le persone con un carattere estroverso tendono ad utilizzare i social come mezzo per farsi conoscere, nonché per elevare la loro posizione sociale.

PERSONE INTROVERSE

Per le persone con un carattere più introverso invece, usare internet rappresenta uno strumento importante per “fuggire” dalla realtà e rifugiarsi in una sorta di mondo che le gratifica. Così facendo riescono, in un certo senso, a trovare un posto dove si possono sentire a loro agio.

F.O.M.O.

Il termine F.O.M.O. è nato negli ultimi anni e la sigla sta per Fear Of Missing Out. Si parla quindi della paura di perdersi degli eventi importanti (o meno) quando non si può essere connessi a internet.

Una ricerca chiamata Connected World II ha potuto constatare che questo fenomeno è in forte crescita. Il sondaggio riporta che il 64% dei partecipanti soffre di F.O.M.O. e non riesce quindi a rinunciare a internet.

Ad ogni modo gli esperti sostengono che le relazioni online non possono sostituire completamente le amicizie offline. In quanto l’essere umano ha bisogno di confrontarsi faccia a faccia con gli altri.


DISTURBO DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE (DCA)

[torna all’indice]

L’evoluzione digitale, essendo in continua evoluzione, è riuscita negli anni a migliorare la risoluzione delle fotografie; anche di quelle scattate con lo smartphone.

È nato però un problema legato ai disturbi del comportamento alimentare. Il motivo si trova nel fatto che i social media più usati dai giovani si basano su una comunicazione di tipo visiva; un esempio è Instagram che è il social network più usato per condividere le proprie foto. Quindi, essendo noi costantemente esposti a degli stereotipi quasi irraggiungibili, si è potuto notare un notevole aumento di persone che presentano dei Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA).

Alcuni adolescenti cercano a tutti i costi di raggiungere l’ideale condiviso di perfezione e magrezza.

A far peggiorare la situazione, fino a qualche anno fa erano diffuse delle community all’interno delle quali venivano postate immagini che incitavano, per esempio, all’anoressia, contenuti e consigli su come dimagrire. Ovviamente i metodi di dimagrimento non erano per nulla sani, ma volti a portare il proprio corpo al limite.

Negli ultimi anni le piattaforme hanno iniziato un percorso per censurare immagini e contenuti di questo tipo. Anche molti hashtag disfunzionali sono stati banditi. Anzi, hanno veicolato l’utente verso pagine e gruppi motivazionali, nati per supportare i membri, e per darsi forza l’un l’altro.

Nel 2021 erano più di 3 milioni i ragazzi in Italia che soffrivano di disturbi del comportamento alimentare; mentre in tutto il mondo si stima che le persone che soffrono di DCA sono 70 milioni.


INTERNET E MEMORIA

[torna all’indice]

L’esposizione continua ad internet ha danneggiato anche la memoria. La memoria a lungo termine (MLT), che è contenuta nel cervello, ha una durata che può variare da qualche minuto fino a un tempo indefinito.

È un archivio avente una capacità pressoché illimitata, dove vengono immagazzinate tutte le conoscenze che abbiamo acquisito durante il corso della nostra vita, insieme a quelle che corrispondono al nostro carattere o temperamento. Sempre in questo archivio ci sono stipate tutte le nostre esperienze più importanti, cioè quelle che più ci hanno segnato.

Gran parte di questo tipo di memoria avviene all’interno della corteccia cingolata anteriore.

Come ha fatto internet a danneggiare la memoria a lungo termine? La risposta sta nella quantità di informazioni che possiamo ricercare sul web. Queste aumentano ogni giorno e ne vengono costantemente aggiunte: al giorno d’oggi, per qualsiasi cosa si voglia sapere, basta cercare in internet per trovare un’enorme quantità di informazioni a riguardo.

Dunque, attingendo a notizie che si trovano in un archivio esterno alla nostra mente, questa non è più allenata e perde di capacità. Si può dire che la memoria della persona si impigrisce se non viene usata: spesso piuttosto di pensare intensamente al fine di ricordarci una cosa, preferiamo cercarla in internet per comodità; in questo modo la mente non è più allenata a ricordare e perde quantità ingenti di informazioni.

La connettività funzionale delle aree del cervello che formano la memoria a lungo termine si riduce. Allo stesso modo diminuisce anche la sincronizzazione di alcune aree cerebrali che servono per la formazione della memoria.

Internet viene utilizzato come una sorta di “memoria esterna”, ed è proprio questo che molti di noi faticano a ricordarsi molte cose.


  1. Mi piace questo articolo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *